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Il consulente ecclesiastico nei Consultori di ispirazione cristiana

La figura del consulente ecclesiastico e del consulente etico è stato l’argomento di un incontro, in remoto come si usa di questi tempi, promosso dalla Confederazione Italiana dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana, lo scorso 16 novembre.
Padre Giovanni Salonia, frate cappuccino e psicoterapeuta, ha descritto i contorni professionali e il valore profondo all’interno dei Consultori cristiani.

Il consulente etico è colui che accoglie le domande di senso e ne promuove la ricerca. Chi si rivolge al Consultorio ha spesso bisogno di collocare il proprio disagio in una cornice di significato, o in una ricerca di fede, o più semplicemente di rivedere i propri valori. Non c’è sempre, o solo, una problematica psicopatologica. Il suo servizio può essere rivolto direttamente agli utenti, accanto agli psicologi e agli operatori della relazione di aiuto; allo stesso tempo si rivolge alla formazione dell’equipe, promuovendone il cammino di ricerca umana e cristiana, accostando alla dimensione professionale la ricerca della fede. È il “consulente della felicità”, propone padre Salonia: colui che cerca di vedere insieme alla persona in che modo i cammini che sta conducendo portano alla felicità. Ricorda cardinal Martini,” i Santi sono uomini felici”; d’altra parte le Beatitudini, cuore del Crisitianesimo, è l’espressione della felicità. Il consulente etico valorizza ciò che è genuinamente umano, si apre al dialogo, accoglie ogni situazione, consola la fragilità, apre alla pienezza della verità nel rispetto ad ogni parziale verità, ogni verità impazzita, che ha sempre una possibilità di rientrare nell’intimo della verità se viene riconosciuta come genuina ricerca della felicità.

Il consulente ecclesiastico ha invece, due compiti fondamentali, accanto a quelli del consulente etico: connettere il Consultorio con la comunità ecclesiale e vigilare sulla dichiarata ispirazione cristiana.
Il Consultorio deve dialogare con il territorio, ripete Padre Salonia, senza che venga ridotto a un’escrescenza catechetica o promozionale. Sottolinea la distinzione tra il servizio del Consultorio e quello dell’Ufficio pastorale, ma ne auspica il raccordo, il “camminare insieme”.

Occorre superare la differenza tra l’evangelizzazione e la promozione umana: l’evangelizzazione è promozione umana, la promozione umana è evangelizzazione.
Questo è il salto epistemologico, promosso alcuni decenni fa da Benedetto XVI, che in dialogo con Habermas riconosceva una circolarità tra scienza e fede: l’esperienza cristiana deve essere verificata e legittimata sul piano umano, e l’esperienza umana verificata e legittimata dall’orizzonte cristiano.

In questa circolarità, in questo dialogo, c’è l’essenza dei Consultori cristiani.
Perché in fin dei conti “la psicoterapia e il cristianesimo sono in un’incredibile sintonia: sempre di relazione si parla!”.
“Il mistero pasquale ci dice che la maturità è capacità relazionale”. Tutte le patologie sono in fin dei conti patologie della relazione. Ed è proprio la relazione, la prossimità, il cuore del servizio nei Consultori di ispirazione cristiana, la materia prima con cui lavorano gli operatori.

Perché i Consultori possano essere sfruttati adeguatamente dalla comunità ecclesiale, occorre innanzitutto valorizzare la formazione del clero. Cosa vuol dire formazione? Il Padre cappuccino ha auspicato innanzitutto che i seminaristi facciano un periodo di formazione nei Consultori, perché non rimangano sconosciuti, perché ne respirino l’aria, perché siano un luogo di verifica umana. Indica due caratteristiche da tenere presente nella formazione del clero: la prima èl’umiltà, il riconoscimento che ogni orizzonte, ogni prospettiva è dentro un inevitabile dimensione di ricerca; il prete dovrebbe avere una teologia antropologica in cui l’antropologia non sia “la sorella di serie B” rispetto alla teologia, ma siano intricate insieme, come dono di Dio. La seconda caratteristica da tenere presente è l’importanza del metodo. Quando il consulente ecclesiastico non è preparato, osserva Padre Salonia, trasforma la consulenza in lezione di teologia. Il problema è apprendere il metodo. Il metodo è un valore, non è la riduzione della parte teorica. “Non c’è solo una ortodossia della teoria teologica ma anche un’ortodossia del metodo”. Il metodo con cui comunichiamo, la metacomunicazione, “il modo in cui mi relaziono ha un peso decisivo sui contenuti, su ciò che dico”. Occorre sollecitare tutta la comunità cristiana ad essere matura, formata al metodo.

Il metodo è la relazione, potrei sintetizzare. Padre Salonia ricorda che quando Gesù appare ai discepoli sulla strada di Emmaus, pur di costruire una relazione con loro perde tempo, prende pure la strada sbagliata. È davvero così: seguire la strada maestra non è importante quanto approssimarsi all’altro, camminare insieme.

Lo psicologo e il consulente etico, di nuovo, condividono questo aspetto: non danno una risposta, ma aiutano la ricerca, umana e spirituale; sollecitano il dialogo, con delicatezza e rispetto; perdono tempo e trovano la relazione.

L’incontro promosso dalla Confederazione è stato seguito da diverse decine di operatori, laici e religiosi, provenienti dai diversi Consultori operativi in tutto il territorio nazionale. La Presidente Livia Cadei e la vicepresidente Agata Pisana, hanno sottolineato la coralità della partecipazione e la ricchezza degli interventi. La nostra Federazione è stata particolarmente lieta di aderire a questa iniziativa, ricca di spunti, di progetti, di speranza. Con la consapevolezza del molto lavoro da compiere, ancora, ma anche la fiducia di farlo insieme.

 

Marco Maio
psicoterapeuta
Federazione Ligure dei Consultori di Ispirazione Cristiana

Presidente Commissione Formazione